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Stati Molteplici dell'Essere
Quella vibrante ed irrefrenabile sequenza di pensieri e reazioni, di cui ci lasciamo avvolgere, penetra tra le maglie di un mondo sempre pù frammentario e del tutto incapace di comprendere quel che è intero, totale, onnimanente.
- Arte è la capacità di riunire -dice Fabrizio Ruggiero- tutte le energie e delimitare il pensiero nei suoi propri confini per andare al di là di esso -. Infatti, l'immagine e l'opera plastica che egli crea, tendono a stabilire con l'osservatore quel momento necessario -quanto auspicabile- dato dalla cessazione delle oscillazioni del pensiero.
Si tratta di una sorta di fermo-immagine teso a squilibrare il dato spazio-temporale inglobando lo sguardo e la mente verso l'assoluta assenza di evocazioni di esperienze immagazzinate e che tornano come risposte alle istanze della vita attraverso meccanismi e tempi a noi noti.
Tuttavia, se alla base della sua arte c'è quell'azione religiosa (dal latino religare, legare) che tende ad annodare il tempo dei movimenti del pensiero, il messaggio non solo esiste, ma sfida l'insignificante ed il banale attraverso l'eleganza della sobrietà e la pulizia delle opere oltre che dello spazio che queste occupano.
Il fine a cui tendono le sue opere non è molto dissimile da quello raggiungibile attraverso la pratica meditativa, ma questa viene associata ad una serie di giochi sottili e di raffinati concettualismi che si rivelano essere una sintesi armonica tra contesti e metodologie prettamente occidentali da una parte, e continui rimandi alle enigmatiche presenze orientali dall'altra.
Avvalendosi di una sensibilissima cultura occidentale infatti, egli riesce ad ottenere un risultato interessante dalle ricerche operate sul campo di un informale molto poco improvvisato (più vicino forse a certe tempere indiane del XVll secolo che all'esperienza artistica del nostro dopoguerra) ed i personali soggiorni, in passato, che lo hanno visto per lunghi periodi in India.
La sua mente sembra spaziare libera a fronte dei titoli delle sue stesse opere caratterizzati da linguaggi classici, da latinismi eruditi o da criptici rimandi al sanscrito. Lingua quest'ultima, che definisce emblematicamente gli avverbi relativi allo "ieri" e al "domani" con lo stesso termine; quasi avessero saputo –suggerisce Fabrizio Ruggiero- che tali dimensioni non esistono e che, identificando con lo stesso termine kala anche il colore nero e l'oscurità il Tempo è una convenzione irrilevante quanto enigmatica.
L'incontro tra queste due culture avviene sul terreno del simbolo e della metafora, sia che si esplichi attraverso la pittura ad affresco, sia che si materializzi nelle installazioni. Entrambi sono nutriti da un medesimo rimando ad un esperimento doppiamente concettuale dato dall'incontro di una tecnica antica e tradizionale (Fabrizio Ruggiero pratica il "buon fresco" nei trompe-l'oeil) con studi condotti su griglie cromatico-strutturali il cui abbinamento e la cui sequenza è tesa verso il raggiungimento del quieto equilibrio delle masse.
La decorazione pittorica e l'installazione allora, (preparate lentamente con l'ausilio del disegno e dopo lunghi momenti di meditazione) sono le due facce della stessa medaglia: nella prima, il gioco si fa trappola simbolica dove lo spazio vero e quello dell' Architectura Picta finiscono col confondersi ed integrarsi in accordo col meccanismo della visione rivelandosi connesse, in ultima analisi, con l'immagine che abbiamo dell'Universo; così come nelle seconde, le sculture in canniccio ed il loro abbinamento alle superfici cromatiche, sono anch'esse supporti atti alla contemplazione:
In entrambe le operazioni viene perso il punto di vista unico che accontenti il bisogno di certezze e ricercata quella confusione -rilevata da Sir Aby Warburg- tra il segno con la cosa significata, il nome con gli oggetti che designa.
Le canne utilizzate da Fabrizio Ruggiero poi, sono intrise anche di quella valenza catartica che in Estremo Oriente hanno i Chinowa (cerchi di canne appunto, adatti alle cerimonie di purificazione) e che per l'artista divengono spirali plasmate dalla tensione verso uno spazio che si rivela infinito.
Alla sapiente operazione di bilanciamento delle tensioni del fil di ferro, si unisce poi, l'impasto di un intonaco colorato che lascia spazio ai vuoti, trasportando tangibilmente su uno spazio tridimensionale, l'esperienza grafica delle griglie cromatiche e delle pi— recenti tavole ondulate.
In Fabrizio Ruggiero tutto dunque si plasma o si pensa nei termini dettati dall'estetica orientale ed archetipica dove, senza perdere di vista l'utilità che deriva da una sapiente intermediazione tra antico e nuovo (egli fa uso ad esempio, di tecnologie avanzate capaci di rispondere alle esigenze dettate dai committenti o dal luogo stesso) finisce col rendere partecipi ognuno di noi al magico mistero della creazione.
Non solo quella artistica.
Matilde Puleo
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