Mapping maps
Site specific installation, 2012
The practice of cabreo, the inventory of goods and real estate property and the organized collecting of maps and plans relating to individual properties, above all rural ones, spread amongst aristocratic families in Tuscany from the second half of the sixteenth century, but disappeared at the beginning of the nineteenth century. Cabrei were often commissioned to define the new patrimonial situation on the occasion of a wedding. A land-surveyor was commissioned to produce the maps by making a survey of the boundaries and to schematically reproduce the assets inventoried with drawings or watercolors,
often collected in a portfolio.
Cabrei were often commissioned to define the new patrimonial situation on the occasion of a wedding. A land-surveyor was commissioned to produce the maps by making a survey of the boundaries and to schematically reproduce the assets inventoried with drawings or watercolors, often collected in a portfolio.
Following an ordinary praxis of contemporary art, I considered the maps as ready-mades and the choosing process was done in agreement with the client. This very act has changed, by means of a displacement of meaning both from the physical context as well as from the logical one, the primary meaning that is no longer in what they represent,but in what they are.
The displacement of meaning from the physical context comes from changes to the dimensions and supports, to the visual angle from which the original is normally perceived and from the removal of the traces left by the administrators of the property that, in the course of the time, occurred in various ways on the maps. The displacement from the logical context derives from the relocating of the names and the removal of the elements that brand the maps as folios of a volume. By means of this double displacement of meaning the maps - reproduced and corrected- become, according to the classification of Duchamp, Ready-made-imitate-rectified.
This process has also paid homage, at a distance of two centuries, to the unknown land-surveyor who not only drew the maps, showing with great precision the arboreal plantations, the fields with their long rows of vines, the irrigation ditches, but also gave them an aesthetic quality that we can appreciate today. A tribute, moreover, that allows us to redefine and give a happy-ending to the story (of Kafkaesque memory) of the controversial relationship between land-surveyor and Castle that, in this version of the world, does not represent a negative entity that determines and oppresses the existence of man, but restructures his identity. |
Mappando le mappe
Site specific installation, 2012
La consuetudine del cabreo, inventario di beni mobili e immobili e raccolta organica di mappe e disegni attinenti a singole proprietà, sopratutto rurali, si diffuse fra le famiglie nobiliari della Toscana dalla seconda metà del cinquecento, per poi esaurirsi all’inizio dell’ottocento.
I cabrei furono sovente commissionati per definire le nuove posizioni patrimoniali in occasione di matrimoni. La realizzazione delle mappe era commissionata a un agrimensore che provvedeva a rilevare i confini ed a riprodurre schematicamente i beni inventariati in tavole disegnate o acquerellate, spesso raccolte in un volume.
Con il trascorrere del tempo i cabrei sono diventati delle rarità, degli unicum, documenti della propria sopravvivenza. Partendo da queste considerazioni, ho accolto con entusiasmo l’idea degli eredi di una famiglia aristocratica di trasfigurare una anonima sala del loro castello in un sala delle mappe, estrapolate da un cabreo di loro proprietà.
Seguendo una prassi ordinaria dell’arte contemporanea, ho considerato le mappe come dei ready-made e il processo di scelta, operato in accordo con il committente, ossia il loro spostamento dal contesto sia fisico che logico, ne cambia il significato primario, che non si troverà più in ciò che esse rappresentano, ma in ciò che esse sono.
Lo spostamento di significato dal contesto fisico deriva dal cambiamento di dimensione e di supporto, dall’angolo visuale da cui l’originale era normalmente percepito, infine dalla rimozione delle tracce lasciate dagli amministratori della proprietà, che nel corso del tempo sono intervenuti in vario modo sulle mappe. Lo spostamento dal contesto logico deriva dal ricollocamento delle denominazioni
e dalla rimozione degli elementi che stigmatizzano le mappe come tavole di un volume. Mediante questo doppio spostamento di significato, le mappe riprodotte e corrette diventano, seguendo la classificazione di Duchamp, dei Ready-made-imitati-rettificati.
L’operazione è anche intesa come un tributo, a distanza di due secoli, all’ignoto agrimensore che disegnò le mappe, non solo riportando con grande precisione le piantagioni arboree, i poderi con i loro lunghi filari, i fossi per la raccolta dell’acqua irrigua,
ma anche dotandole di una qualità che oggi ci appare di una certa bellezza. Un tributo, inoltre, che permette di ridefinire e dare un esito felice alla narrazione (di kafkiana memoria) del controverso rapporto fra agrimensore e Castello: una nuova versione del mondo, dove quel rapporto non viene a rappresentare l’oppressione dell’uomo, ma una ristrutturazione della sua identità.
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